L’
ottava edizione del
Global Attractiveness Index vede la sua pubblicazione in uno
scenario complesso. L’
ondata inflattiva che ha colpito il mondo nel
2022, innescando un
generale e rapido rialzo dei tassi, ha avuto pesanti
effetti depressivi sulla crescita mondiale, in particolare dell’
area Euro, con un impatto sulle leve di attrattività dei Paesi.
Il GAI 2023 mappa 146 economie del mondo (escludendo Russia e Ucraina per indisponibilità di dati affidabili), con oltre 1 milione di data point raccolti, e misura come si modifica la “geografia dell’attrattività” al variare della velocità di ogni Paese rispetto agli altri, non solo rispetto a sé stessi. In tal senso, il GAI è un Indice relativo, in quanto sottopone ogni economia al confronto con il miglior performer (nel 2023, la Germania), prendendo a riferimento quattro macro-aree (apertura, innovazione, dotazione ed efficienza) e quattro sotto-indici complementari, focalizzati a misurare la sostenibilità, la dinamicità, l’orientamento al futuro e l’esposizione al conflitto russo-ucraino.
In un mondo che cambia così velocemente, per misurare in maniera affidabile l’attrattività dei Paesi servono strumenti statistici elaborati:
“Gli strumenti statistici di sintesi, come il GAI, sono fondamentali per analizzare la realtà sulla base di dati e informazioni quantitative, oggettive, non filtrati dalla lente dell’opinione che, inevitabilmente, distorce i fatti. Un indice quantitativo, costruito a partire dai database raccolti dalle più accreditate istituzioni internazionali e costruito secondo una metodologia rigorosa. Tale metodologia è sottoposta ad un audit statistico indipendente condotto dal Joint Research Centre della Commissione Europea, che annualmente conduce una review metodologica del nostro lavoro, evidenziandone la solidità scientifica”, illustra Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti.
I risultati del GAI 2023
Al primo posto della classifica si trova, ancora una volta, la Germania, con uno score pari a 100, seguita da Stati Uniti (94,7) e Regno Unito (92,7). Il posizionamento dell’Italia migliora significativamente, registrando la più grande variazione nel ranking del Paese dalla nascita del GAI.
Nonostante la dinamica positiva nella classifica, l’Italia non riesce a colmare il divario con i Paesi Benchmark. Infatti, pur registrando un punteggio di 66,3, con un miglioramento di 4,1 punti rispetto al 2022, presenta un divario di 12,6 punti con la Francia e di 33,7 con la Germania. Non solo: la Spagna, pur in posizione inferiore rispetto all’Italia, migliora sensibilmente il proprio score (64,6 nel 2023 vs 58,7 nel 2022), con un distacco di soli 1,7 punti dall’Italia. Considerando i Paesi del G7 (Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Stati Uniti, Regno Unito, Stati Uniti), l’Italia risulta essere il Paese meno attrattivo del gruppo: lo score medio dei Paesi G7 è 85,4, con un distacco di 19 punti rispetto al punteggio italiano. Più nello specifico, con riferimento alle 4 macroaree che compongono l’Indice di posizionamento, l’Italia si posiziona alla 45^ posizione nell’area di Apertura, l’11^ nell’area Innovazione, la 56^ nell’area Efficienza e infine la 12^ nell’area Dotazione.
Solo 7 Paesi si posizionano nella fascia dell’alta attrattività (pari al 4,8% del totale dei Paesi analizzati): Germania, Stati Uniti, Regno Unito, Giappone, Cina, Corea del Sud, e Australia. 17 Paesi – tra cui l’Italia - presentano un livello di buona attrattività (11,6% del totale); 74 Paesi hanno una media attrattività (50,7%); 47 Paesi una bassa attrattività (32,2%).
Focus: emergenza salari
Negli ultimi 30 anni, l'Italia è l'unico Paese tra le grandi economie avanzate in cui i salari medi a parità di potere di acquisto sono addirittura calati, registrando nel 2022 valori inferiori di -488 dollari rispetto ai salari medi del 1991.
In Italia esiste una vera e propria emergenza salari, che è aggravata dalla diversità del tessuto produttivo nelle Macroregioni del nostro Paese. Gli occupati nelle multinazionali estere (13%) e italiane (12%) – le tipologie di imprese che pagano meglio – rappresentano un quarto degli occupati nel Nord ovest, mentre nel Mezzogiorno la quota complessiva si riduce al 10% (4% multinazionali estere, 6% multinazionali italiane).
Attraverso una what-if analysis abbiamo calcolato il potenziale beneficio attivabile da una maggiore retribuzione degli occupati in Italia, in linea con quella garantita dalle multinazionali, sia sul PIL nazionale che sul gettito fiscale per lo Stato. In questo scenario, si otterrebbe una crescita di +156,2 miliardi di Euro che, al netto della pressione fiscale e considerata la propensione al risparmio delle famiglie italiane, comporterebbe un aumento di +5,7% dei consumi nazionali, con un aumento del PIL nazionale di +4,5%, pari cioè a +75 miliardi di Euro addizionali.
Focus: sostenibilità
Nel GAI stanno assumendo sempre più centralità gli aspetti di sostenibilità. L’apposito sotto-indice rileva che la performance italiana, seppur positiva nel confronto internazionale, è deficitaria quando ci si confronta con i principali Paesi europei. Rispetto alla media di Francia, Germania e Spagna, l’Italia si posiziona infatti 10 posizioni sotto nell’indice di sostenibilità complessivo (-2,8 punti di score), 6 posizioni sotto nel pilastro della resilienza (-3,8 punti di score), 14 posizioni sotto nel pilastro della vulnerabilità (-1,9 punti di score) e 11 posizioni sotto nel pilastro della transizione ecologica (-1,7 punti di score).
Alcuni KPI ambientali mostrano un quadro drammatico: nel nostro Paese i morti a causa dell’inquinamento, relativizzati al milione di abitanti, sono pari a 407,8 persone, contro i 324,3 della Germania, i 203,4 della Francia e i 190,0 della Spagna. Una miglior performance nella sostenibilità emerge come necessaria per innescare un circolo virtuoso a favore dell’attrattività del Paese: già nel breve periodo, emerge una marcata correlazione tra lo score negli SDGs delle Nazioni Unite e l’Indice di Posizionamento del GAI.