01 Settembre 2023
L’Italia, insieme al Giappone, è tra i Paesi anagraficamente più vecchi al mondo. A livello europeo, l’Italia registra l’indice di dipendenza degli anziani più alto in assoluto (+4,5 punti percentuali rispetto alla media UE) e il tasso di natalità più basso (-2,3 punti percentuali rispetto alla media UE).
Considerando un tasso di mortalità destinato ad aumentare, le stime Istat ci dicono che l’effetto combinato di questi tendenziali ridurrà ulteriormente la popolazione italiana al 2050 rispetto ai circa 59 milioni di abitanti attuali (51,1 milioni di abitanti nello scenario peggiore, 54,2 milioni di abitanti nello scenario mediano, 57,5 milioni di abitanti nello scenario migliore). È evidente che questo scenario è destinato ad avere ripercussioni sia a livello di Sistema-Paese che di equilibrio generazionale.
In uno scenario distopico, a parità di altre condizioni e proiettando l’attuale trend ventennale di mortalità e natalità, l’ultimo italiano sulla Terra potrebbe nascere tra poco più di 200 anni e morire tra circa 300. Ma, al di là delle provocazioni, è evidente che una popolazione che decresce innesta nel lungo periodo problemi di sostenibilità, in primis lavoro, pensioni e assistenza sanitaria.
A tal proposito si stima in 1 a 1 il rapporto tra pensionati e lavoratori al 2050, con evidenti implicazioni sul disavanzo pensionistico e l’incremento dell’età lavorativa per sostenerlo (stimata sfondare quota 70 anni). Sul fronte della spesa sanitaria, il progressivo invecchiamento della popolazione italiana porterà ad un incremento significativo, stimato a 220 miliardi di euro (9,5% del PIL) al 2050, rispetto agli attuali 130 miliardi di euro (6,7% del PIL). Sono queste alcune delle evidenze che emergono dallo studio “Rinascita Italia".
“Data la complessità intrinseca del problema, ad un approccio tecnico è però necessario affiancarne uno di sistema” afferma Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House - Ambrosetti. “Le nostre azioni per essere efficaci devono quindi essere durature nel tempo - basta “politiche on/off” - e affiancate da un’azione politica tesa a risolvere una volta per tutte i problemi strutturali del Paese; il tutto al fine di ridurre l’incertezza sul futuro che oggi, tra le altre cose, amplia il divario tra figli desiderati (2,3 per donna) ed effettivamente messi al mondo (1,24 per donna)”.
La questione demografica è un tema complesso, strutturale e con risultati di lunghissimo periodo. Ne deriva un importante sforzo economico per il Paese. Lo studio stima una spesa di circa 23 miliardi di euro all’anno fino al 2070, tempo necessario a correggere il trend e riportare la popolazione italiana a 60 milioni di abitanti. Tuttavia, lo sforzo sarebbe premiato. Il valore attuale netto del PIL incrementale che ne deriverebbe ammonterebbe infatti a circa 916 miliardi di euro nell’orizzonte temporale di riferimento.
Le 15 proposte fanno leva su immigrazione, anziani, tecnologia, donne e giovani coppie al fine di ridurre lo squilibrio attuale e su educazione, cultura, procreazione assistita e policy a supporto della genitorialità per invertire il trend delle nascite nel nostro Paese. Le proposte sono pensate per agire su due livelli: il primo, necessario per gestire lo squilibrio attuale, il secondo per favorire la graduale ripresa della natalità. Nel tempo, l’effetto combinato dei due approcci potrà infatti invertire la tendenza attuale.
Sul primo fronte, l’immigrazione è una leva fondamentale, a patto che sia approcciata strategicamente e non come fattore di emergenza. Stante l’aumentare dell’aspettativa di vita in buona salute, si dovrebbe aumentare l’età lavorativa e coinvolgere attivamente gli anziani nei servizi a supporto della genitorialità.
Donne e giovani devono essere messi nella condizione di essere genitori senza eccessiva complessità: largo quindi a maggiori congedi parentali obbligatori per mamme e papà e maggiore diffusione del part-time maschile.
Infine, la tecnologia potrà aiutare su due fronti: favorendo una sempre maggiore integrazione tra uomo e macchina (al fine di ridurre l’impatto del venir meno di forza lavoro) e, così come avviene in Giappone oramai da anni, aiutando nel supporto agli anziani.
Sul fronte dell’aumento della natalità, importante come sempre lavorare sulle nuove generazioni, educando alla natalità e alla genitorialità fin dalle prime fasi delle scuole dell’obbligo. Fondamentale l’accesso alla procreazione assistita (l’età media di una donna per avere il primo figlio si sposta sempre più in là nel tempo) anche eventualmente allargata a famiglie monoparentali e omogenitoriali, così come avviene in Spagna.