03 Settembre 2022
Dallo studio realizzato in collaborazione con Philip Morris Italia, presentato il 3 settembre 2022 al 48° Forum di Cernobbio, emerge che per aumentare la produttività del Paese, in ambito agricolo e industriale, gli investimenti in competenze sono la chiave di svolta.
Performance e criticità dell’Italia in ambito industriale
Il settore manifatturiero contribuisce alla generazione del 16,4% del valore aggiunto italiano, con circa 245 miliardi di euro registrati nel 2020. L’Italia è sesta al mondo e seconda in Europa, dopo la Germania, per surplus commerciale manifatturiero, che ammonta a 113 miliardi di dollari.
Il nostro Paese è una delle principali potenze manifatturiere nel mondo, ma negli ultimi 20 anni è cresciuto ad un tasso dello 0,2% medio annuo, tra le 6 e le 9 volte meno di quello degli altri grandi Paesi europei, e il divario di produttività è peggiorato in media del 30% rispetto ai Paesi benchmark (Regno Unito, Spagna, Francia, Germania).
Un sondaggio di The European House - Ambrosetti conferma l’importanza crescente dell’Intelligent Manufacturing nel settore industriale, che in Italia si sta dirigendo in direzione di robotica industriale, intelligenza artificiale, Internet of Things e Cloud e High Performance Computing.
Il ritardo nella diffusione di queste tecnologie compromette la leadership italiana nel comparto manufatturiero e la mancanza di competenze adeguate mette a rischio l’impiego di molti lavoratori del settore. Le aziende rispondenti hanno infatti dichiarato che la limitata disponibilità di competenze interne rappresenta il principale ostacolo nell’introduzione di progetti di Intelligent Manufacturing: l’87% necessita di figure professionali dotate di competenze informatiche e il 49% di competenze di project management.
Performance e criticità dell’Italia in ambito agricolo
Attualmente, con 36,4 miliardi di euro, l’Italia è il secondo Paese UE per valore aggiunto del settore agricolo, secondo solo alla Francia. Rispetto ai benchmark europei, il settore agricolo italiano ha anche un minor impatto ambientale.
Il vero gap che il Paese deve colmare in questo ambito, rispetto ai competitor europei, riguarda la produttività del lavoro. La produttività agricola, intesa come rapporto tra valore aggiunto prodotto per occupati, pone infatti l’Italia al tredicesimo posto in UE, con poco più di 37mila euro di valore aggiunto generato per unità di occupati.
Il cambiamento climatico, la transizione verde e l’aumento della popolazione sono le principali sfide globali che impattano sulla produttività della filiera agroalimentare, le cui difficoltà sono state acuite in misura significativa dalla guerra russo-ucraina. In questo contesto, la Smart Agriculture (o Agricoltura 4.0) non è soltanto una soluzione, ma una necessità. L’applicazione di sensoristica e robotica per il monitoraggio e gestione dei campi coltivati è in grado di ridurre drasticamente costi e consumo di energia nel ciclo produttivo, ma richiede delle competenze specifiche che sono ancora poco presenti in Italia.
Pertanto, occorre intervenire per compensare la carenza di competenze nel settore e il basso numero di iscritti a corsi universitari in materie agricole. Dal confronto con gli stakeholder emergono quattro competenze chiave per l’agricoltore e l’allevatore del futuro: sostenibilità, digital, comunicazione e competenze tecniche avanzate.
Scarica il Position Paper “Verso un New Deal delle competenze in ambito agricolo e industriale”