02 Marzo 2022

Responsabile
Daniela Bianco
Malattie rare e tecnologie digitali

Dai sistemi di intelligenza artificiale un grande aiuto per ridurre il ritardo diagnostico

Il 28 febbraio 2022 si è celebrata la quindicesima Giornata Mondiale delle Malattie Rare. Sono circa 300 milioni i pazienti rari nel mondo, di cui circa 2 in Italia. Parliamo di almeno 7.000 malattie, di cui poco più di 300 possono contare su una terapia curativa, che singolarmente colpiscono meno di 5 persone ogni 10.000 (soglia fissata a livello europeo) ma che nel complesso darebbero vita al quarto Paese al mondo per popolosità dopo Cina, India e Stati Uniti.

Sono malattie caratterizzate principalmente da un’origine genetica (72%), che compaiono prevalentemente in età pediatrica (70% dei casi, anche se stanno aumentando sensibilmente quelle che insorgono in età adulta) e accomunate da un ritardo diagnostico rilevante, dal momento che il 40% delle persone con malattia rara riceve una prima diagnosi errata e che il 25% che impiega dai 5 ai 30 anni prima di ricevere una diagnosi corretta  con pesanti conseguenze sul decorso delle patologie e sull’efficacia dei trattamenti stessi. In riferimento alla diagnosi nell’ambito delle malattie rare, un contributo fondamentale può essere fornito dall’uso di tecnologie digitali. e, in particolare, dai sistemi di Intelligenza Artificiale. Tali sistemi permettono, in breve tempo, di raccogliere, elaborare e “memorizzare” una gran quantità di dati (dati biomedici, -omici e tutti quelli derivabili dai dispositivi connessi, ma anche dati clinici e amministrativi della cartella clinica elettronica) accelerando il processo diagnostico.

Un’analisi della letteratura, svolta da Meridiano Sanità, il Think Tank sulla salute di The European House - Ambrosetti, sulla tipologia di sistemi esistenti a supporto della diagnosi di malattie rare vede prevalere gli algoritmi di machine learning (utilizzati in 2 casi su 3), una branca dell’intelligenza artificiale in grado di apprendere informazioni direttamente dai dati in proprio possesso, senza l’ausilio della conoscenza umana. Nell’ambito del machine learning, e più precisamente del deep learning, i modelli di apprendimento automatico più utilizzati per le malattie rare sono i Support Vector Machines (SVM) e le Artificial Neural Network (ANN), ossia modelli di calcolo matematico-informatici basati sul funzionamento delle reti neurali biologiche umane che riproducono ragionamenti tipici degli esseri umani nelle differenti situazioni, migliorando sempre di più le diverse capacità di comportamento.

All’interno del machine learning, grandi prospettive sono offerte anche dal transfer learning. Questa tecnica emergente, che consiste nell’adattare e applicare le conoscenze acquisite in una data patologia in un’altra patologia con caratteristiche simili, rappresenta infatti una parziale soluzione a un importante limite alla diagnosi e cura dei malati rari e, nel caso specifico, all’utilizzo stesso di soluzioni di intelligenza artificiale, vale a dire la scarsità dei dati disponibili in questo momento, dovuta anche al basso livello di interoperabilità, connettività e sicurezza degli attuali sistemi informativi. La sempre maggior diffusione delle cartelle cliniche elettroniche, che grazie agli algoritmi di text mining e di machine learning possono supportare le decisioni diagnostiche e terapeutiche, dei devices interconnessi, come i wearable devices, che consentono di tracciare e valutare in real-time i Patient Reported Outcomes, dei simulatori di realtà aumentata e di realtà virtuale, che giocano un ruolo di primo piano nella formazione degli specialisti alle malattie rare, delle chatbot e degli assistenti vocali, che attraverso il Natural Language Processing (NLP) possono comprendere i pazienti rari e rispondere alle loro esigenze, stanno cambiando significativamente lo scenario di riferimento.

Il machine learning è adottato anche in fase prognostica attraverso i sistemi di diagnostica computerizzata (Computed Assisted Diagnosis - CAD) in grado di stimare la probabilità di avere una specifica malattia genetica rara sulla base dei sintomi dei pazienti o delle loro caratteristiche facciali o ancora del sequenziamento del DNA, che ha assunto caratteri massivi (negli ultimi anni, grazie alle tecniche di sequenziamento di seconda generazione, sono stati minimizzati i costi e i tempi delle analisi genomiche, mentre è cresciuta esponenzialmente la processività ).

Sebbene nell’ambito delle malattie rare il machine learning sembra essere adottato soprattutto dai medici in fase diagnostica (40,8%) e prognostica (38,4%), non va sottovalutato il suo utilizzo nell’ambito della ricerca di base (16,1%) e nella fase di trattamento (4,7%). In quest’ultimo caso, questi sistemi offrono grandi opportunità di miglioramento della qualità di vita del paziente, ad esempio permettendo il controllo dell’aderenza terapeutica, la misurazione dello sforzo o il supporto psicologico da remoto. Sempre nella fase di trattamento e follow up, non vanno dimenticati gli strumenti di telemedicina, che, oltre a essere un importante collettore di dati, rappresentano una delle tecnologie più conosciute e usate nella gestione dei pazienti affetti da patologie rare.

Diventa quindi di fondamentale importanza e urgente investire non solo su questi sistemi ma anche sulle competenze degli operatori. Le risorse economiche, grazie ai fondi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e da Horizon 2021-2027, non rappresentano (più) un ostacolo. Un primo passo importante potrebbe essere quello di dedicare una sezione del prossimo Piano Nazionale delle Malattie Rare, atteso nei primi mesi del 2022 dopo l’approvazione del Testo Unico Malattie Rare lo scorso anno, alle tecnologie digitali non solo per una migliore e più tempestiva diagnosi delle patologie ma anche per garantire una gestione più efficiente e “flessibile” in base alle variazioni delle specifiche esigenze dei pazienti. 


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